Le persone amano prendersi del tempo per rilassarsi e ricaricarsi, riunendosi nelle caffetterie per ritrovarsi con gli amici, lavorare, leggere e navigare sui social media, scegliendo il caffè come fedele compagno.
Ogni anno nel mondo si bevono oltre 500 miliardi di tazze di caffè, secondo ICO (International Coffee Organization). Non è soltanto un bene di consumo, ma uno stile di vita: racchiuso in ogni aroma ed essenza c’è un mercato, un territorio.
Dentro ad ogni tazzina appoggiata sul bancone c’è tradizione, gusto, tendenze, mode e storia… ma quale? Le vere origini del caffè sono, infatti, quasi ignote. Sicuramente si diffuse prima nel mondo arabo per poi arrivare in Europa.
Scopriamo insieme qualche cenno storico di questa bevanda tanto amata…
Le origini del caffè
Il termine caffè deriva dalla parola araba “qahwa” che in origine identificava una bevanda prodotta dal succo estratto da alcuni semi, che provocava effetti eccitanti e stimolanti. Dal termine “qahwa” si passò alla parola turca “qahvè”, parola riportata in italiano con “caffè”.
Secondo alcuni, però, la parola deriverebbe dalla zona di origine della pianta (e della bevanda): la regione di Caffa, nell’Etiopia sud-occidentale, dove si coltiva la pianta del caffè.
Nel XV secolo la conoscenza del caffè si estese fino ad Istanbul dove il suo consumo avveniva in locali simili a taverne in cui i turchi si incontravano per consumare questa bevanda: nacquero, intorno al 1554, le prime caffetterie.
Uno dei principali centri di smistamento e diffusione del caffè, fin dal XVI secolo, divenne il Cairo, in Egitto, da dove mercanti e pellegrini lo esportarono in ogni direzione grazie alla propagazione della religione islamica che proibiva di bere vino, sostituito dal caffè.
Un grande contributo sicuramente è dovuto all’espansione dell’Impero Ottomano che forniva caffè in grandi quantità fino alle porte di Vienna.
Nel XVII secolo “il vino d’Arabia” giunse in Europa, anche se già nel secolo precedente a Venezia era possibile trovare i semi della Coffea Arabica venduti come medicamento dagli speziali.
Il caffè si diffuse in Inghilterra e in Francia e da allora la crescita divenne esponenziale, nel Settecento ogni città d’Europa possedeva almeno un caffè. In Italia, il caffè arrivò a Venezia grazie ai rapporti mercantili con l’Oriente. Nel 1615, il veneziano Pietro Della Valle annunciò l’apertura di uno spaccio di caffè.
Un secolo dopo, nel 1720, in piazza San Marco apriva il celebre caffè Florian che ancora oggi vanta il titolo di “caffè più antico del mondo”.
Il caffè iniziò ad essere coltivato in modo intensivo nelle colonie inglesi, in quelle olandesi (in Indonesia) e in quelle francesi (in tutto il centro America). Le prime coltivazioni in Brasile iniziarono nel 1727.
Il caffè: la bevanda del diavolo
Nel Settecento, dato l’enorme successo ottenuto, finalmente si superarono i pregiudizi che avevano circondato per secoli il caffè, definito dalla Chiesa la “bevanda del diavolo”: un diabolico raddoppiatore dell’io, capace di rendere vigili, troppo loquaci e disinibiti persino i caratteri più morigerati.
Per questo motivo ne fu proposta la scomunica, facendo pressione affinché Papa Clemente VIII ne vietasse l’uso. Il Papa, prima di vietarne l’uso, decise di provare il caffè di persona rimanendo colpito positivamente. Decise, infatti, di non vietarne l’uso ma addirittura di battezzare il caffè come “bevanda cristiana”.
Più difficile da abbattere, il pregiudizio che associava i consumatori di caffeina a una vita notturna viziosa e licenziosa. Nel 1732, ad esempio, il compositore tedesco Johann Sebastian Bach scrisse una cantata il cui testo descriveva l’angoscia di un padre desideroso di guarire la figlia dalla passione del caffè.
Il caffè: dalla taverna alla bottega
Nati come taverne, i caffè da un lato erano luoghi di aggregazione, dall’altro divennero sedi di dibattito. Chiamati anche “scuole di saggezza”, questi locali erano per lo più frequentati da uomini colti e da letterati che si davano appuntamento per conversare e bere caffè fino a tarda notte. Col passare del tempo, i caffè divennero anche luoghi dove si animava la contestazione politica.
Nel 1676 il procuratore generale di Londra, infatti, decise di far chiudere tutte le coffee house temendo che si trasformassero in covi di potenziali insurrezionalisti ma il provvedimento ebbe vita breve e sempre più spesso i contestatori si davano appuntamento nei caffè.
In Francia, il Café Le Procope, meta di filosofi, artisti, uomini politici e scrittori, divenne così famoso in Europa da diventare sinonimo di circolo letterario. Un secolo dopo, i caffè letterari furono omaggiati da un gruppo di pensatori liberali italiani capeggiati dal filosofo Pietro Verri, che chiamò “Il Caffè” la rivista da lui fondata.
La “guerra” del caffè
Gli interessi legati al commercio del caffè crescevano a dismisura con l’obiettivo di togliere il monopolio sulla bevanda agli arabi. L’Olanda, nel 1690, riuscì a trafugare alcune piantine di caffè trasferendole nelle terre tropicali di Ceylon (Sri Lanka) e Giava (Indonesia) e ad imporsi tramite la Compagnia delle Indie Orientali come punto di riferimento del mercato europeo del caffè.
Nel 1714, tuttavia, il borgomastro di Amsterdam offrì in dono al re di Francia, Luigi XIV, due piante di caffè in fiore collocate nelle serre reali di Versailles. Un ex ufficiale di marina, Gabriel Mathieu de Clieu, rubò un arbusto e lo trasportò oltre l’Atlantico dando inizio alla coltivazione di caffè in Martinica francese.
Nel 1726 ottenne il suo primo raccolto e nei cinquant’anni successivi le piante della Martinica raggiunsero il numero di venti milioni riuscendo a soddisfare quasi totalmente la domanda europea.
Dopo la diffusione del caffè nel Sudamerica, il Brasile strappò il primato di maggior produttore mondiale. Nei decenni successivi le coltivazioni si estesero allo Stato di Paranà. Le colture di caffè avviate nel 1727 vennero poi spostate prima a Rio de Janeiro e infine, durante la prima metà dell’Ottocento, negli Stati di San Paolo e Minas Gerais, che nel giro di pochi anni divennero la più importante risorsa economica del Paese.
I numeri della filiera del caffè
L’analisi di HostMilano, stilata nell’aprile 2022, offre uno sguardo globale sui trend del caffè. Dal vecchio continente alla Gen Z, il futuro della bevanda più desiderata non conosce frontiere.
Nel 2021 il commercio mondiale di prodotti della filiera caffè ha mostrato risultati positivi: +13,6% nei valori in euro per le macchine da caffè espresso, +13,1% per il caffè decaffeinato o torrefatto e +8,8% per il caffè in grani non torrefatto. Complessivamente, il valore degli scambi mondiali dei tre settori ha raggiunto un punto di massimo assoluto, pari a 34,5 miliardi di euro.
Quanto alla graduatoria dei mercati mondiali, gli Stati Uniti (22,4%) e la Germania (14,2%) rappresentano le principali destinazioni in termini di vendite nel 2021, precedendo – nell’ordine – Italia (6,4%), Giappone (5,1%), Belgio (4,2%) e Svizzera (3,8%).
Al primo posto, come esportatore mondiale, il Brasile (con una quota del 27,6%), davanti a Colombia (13,9%), Vietnam (9,9%), Honduras (5,4%), Guatemala (3,6%), Etiopia e Belgio (entrambi con una quota del 3,5%).
L’Asia, da sempre grande produttore di caffè, non è mai entrata nella top dei paesi consumatori ma negli ultimi cinque anni, secondo i dati ICO (International Coffee Organization), il consumo di caffè nel continente è cresciuto dell’1,5%.
Italia: paese del caffè
Nel nostro paese, i consumi di caffè sono inferiori rispetto al Nord Europa, tuttavia, è quasi da sempre un simbolo nazionale.
Le esportazioni italiane di prodotti della filiera caffè hanno toccato nel 2021 un nuovo massimo, pari a 2,6 miliardi di euro, con un incremento sul 2020 del +14%. In particolare, si evidenziano le rilevanti crescite dell’export italiano di caffè decaffeinato o torrefatto (+14,1%) e di macchine da caffè espresso (+14,3%).
La componente più rilevante in termini di valori di importazioni italiane riguarda il caffè in grani, che rappresenta oltre il 77% dell’import italiano complessivo della filiera caffè.
Nel 2021 l’Italia si è confermata primo esportatore di macchine da caffè (con una quota del 21,3%), davanti a Germania (16,1%), Svizzera (11,4%) e Stati Uniti (10,3%). Da segnalare la crescita della Cina, che si è piazzata al quinto posto con una quota del 7,5%. Gli Stati Uniti sono il principale importatore mondiale di macchine da caffè espresso, con una quota del 19,2% della domanda mondiale 2021. Alle loro spalle Germania (6,5%), Francia (4,8), Cina (4,7%) e Regno Unito (4,6%).
Il caffè e il mondo Horeca
Con Horeca si intende definire uno specifico settore commerciale, quello dell “Hotellerie-Restaurant-Café”. L’acronimo Ho.Re.Ca. è legato ai consumi alimentari e può essere utilizzato per suddividere il fatturato in due tipologie, quella appunto destinata al canale Ho.Re.Ca. da quella diretta alla GDO (Grande Distribuzione Organizzata) e al commercio all’ingrosso (retailers). In questo modo è possibile ottenere una netta distinzione tra i prodotti alimentari extra-domestici e quelli destinati al consumo domestico.
In Italia parliamo di circa 405.000 aziende: Bar e Ristoranti rappresentano le categorie più numerose. A questi si vanno a sommare i distributori di Food & Beverage, che sono all’incirca 4.000 imprese, parte integrante della filiera, in quanto preposti al supporto ed alla fornitura dei beni e servizi essenziali per gli esercizi pubblici del canale Ho.Re.Ca.
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